giovedì 23 dicembre 2010

La città

Stemma del Comune di Cesena
Stemma concesso dal Re Vittorio Emanuele III con Decreto Regio del 24 aprile 1927: "troncato di nero e d'argento, alla bordura indentata d'argento e di nero; al capo d'Angiò".
La forma dello scudo è sannitica, sormontato da corona murale turrita originariamente argentee di origini Malatestiane mentre detto "capo d'Angiò", ad indicare l'appartenenza guelfa, è costituito da lambello (tipo di rastrello) a quattro denti, in rosso, e tre gigli dorati di Francia (in araldica, fiordalisi), il tutto in campo azzurro. La dentellatura d'orata è a triangoli alternati e commessi. Essa fa da contorno al nero ed al bianco dello stemma di Cesena che rappresentano la pacificazione tra Ghibellini e Guelfi.
E' fatto di pochi che il nero e l'argento (in araldica, bianco è argento) costituiscano i colori che contraddistinguono Cesena fin dal 1300 e l'età malatestiana, che pur vide il trionfo dei colori dei Signori (in principal modo, rosso, verde e bianco-argento), li vide mantenere la loro attribuzione di colori della città, e così fino ai giorni nostri. Il gonfalone è formato dal Drappo troncato di nero e di bianco con al centro lo stemma della Città.

Dai primi insediamenti ai giorni nostri
Il territorio circostante all'attuale cittadina di Cesena era certamente florido di vegetazione e piuttosto pianeggiante. A favorire la costruzione del primo insediamento Umbro intorno al 600-500 A.C., ci ha pensato la presenza del fiume Savio che taglia a metà la zona. A seguire ecco l'arrivo degli Etruschi che però vengono sottomessi dai Celti nel 350 A.C.. Proprio questa dominazione ha permesso di instaurare nel dialetto Romagnolo una forte base del linguaggio celtico.
Le prime vere e proprie abitazioni però sono costruite con l'arrivo dei Romani (circa 195 A.C.) che scacciarono proprio i Celti e si impossessarono dell'insiediamento da cui passa la Via Emilia costruita dai capitolini.
Superata la florida era dell'Impero, il villaggio di Cesena e tutta la Romagna cadono sotto le invasioni barbariche. I primi ad arrivare sono i Goti di Teodorico, poi ecco i Bizantini che eleggono capitale del regno Ravenna, le cui testimonianze son ben visibili ancora oggi. L'ultima forza esterna a stanziarsi sono i Longobardi ma grazie all'intervento di Papa Stefano II, il Re francese Pipino Il Breve inviò per ben due volte (754 e 756) il suo esercito che liberò la regione, poi consegnata al massimo esponente della Chiesa Cattolica. Solo nel 774, però, Carlo Magno riuscì ad imporre il dominio dello Stato Della Chiesa a causa di conflitti tra i Longobardi che avevano resistito e l'Arcivescovo di Ravenna.
Tra il 1140 e il 1200 anche Cesena si impone come libero Comune, ma il Sacro Romagno Impero Enrico VI di Germania aveva mire espansionistiche sulla Romagna. Attraverso un trattato con Venezia consegnò la regione in mano a Maquardo (1197). Nello stesso anno morì e Maquardo, vicario imperiale, assunse i poteri sul territorio ma dovette rifugiarsi proprio a Cesena per sfuggire dalle ribellioni di Rimini e Ravenna (1198) che si erano alleate. La cittadina cesenate fu quindi messa sotto assedio nell'estate dello stesso anno ma Papa Innocenzo III riuscì attraverso l'Interdetto a cacciare l'emissario del Sacro Romano Impero. Cesena, come le altre cittadine della Romagna, era divisa da Guelfi (Ubertini fedeli al papato) e Ghibellini (Mazzolini fedeli all'Imperatore). Si arrivò alla guerra tra le città ma vinsero quelle legate al papato, così Papa Innocenzo IV inglobò anche Cesena sotto il suo regno, fedele allora all'Imperatore tedesco. La pace durò poco e gi scontri continuarono, solo nel 1283 Cesena ed altre cittadine limitrofe tornarono definitivamente sotto il papato.
Nel 1333, con il passaggio del papato ad Avignone, Cesena è divenuta dominio della famiglia ghibellina e forlivese degli Ordelaffi, ma la loro signoria viene interrotta nel 1357 dall'intervento del legato pontificio, cardinale Albornoz, che riesce a sottomettere la città. Un momento difficile però deve essere superato nel 1377 quando Cesena viene coinvolta nella guerra tra la Repubblica di Firenze e lo Stato Pontificio. Per impedire la conquista dei toscani, Roberto di Ginevra ordina alle milizie bretoni, assoltate in forma mercenaria, una strage. La città quindi è posta sotto fuoco e fiamme e viene praticamente distrutta totalmente.
Solo con la signoria dei Malatesta la città riprese vigore e iniziò a splendere. Ancora oggi è visibile la Rocca Malatestiana e soprattutto la Biblioteca Maletestiana, patrimonio dell'UNESCO. Nel 1501 però Cesare Borgia proclamò la cittadina capitale del Ducato di Romagna e volle un resoconto sull'urbanistica, le fortificazioni e le vie logistiche. Arrivò quindi nel 1502 "un certo" Leonardo Da Vinci, incaricato dei rilevamenti e visitò oltre che Cesena anche gli altri centri principali della regione.
Il dominio dei Borgia però finì prestissimo e nuovamente la città cadde nelle grinfie dello Stato della Chiesa. Il paese si dedicava prevalentemente all'agricoltura.
Agli onori della cronaca però risultò con l'instaurazione sulla soglia del papato del cesenate Giovan Angelo Braschi (Pio VI, 1775-1799), seguito da Pio VII Chiaramonti, (1800-1823), e Pio VIII Castiglioni (1829-1830). Da qui nasce l'espressione "la città dei tre papi". A nulla servirono i loro tentativi per opporsi alla conquista francese di Napoleone Bonaparte (1796). Nei tre anni a seguire però tute le principali cittadine romagnole si ribellarono ai francesi, ultima delle quali Cesena con i paesi circostanti. In concomitanza dell'alleanza nell'Est Europa tra Austria e Ungheria che si schierarono contro Napoleone e le sue forze, la Romagna e anche Cesena (27 maggio 1799) si ribellarono alla potenza francese. Nel 1800 però i francesi ripresero il potere e per non temere altri atti di ribellione chiusero la gloriosa università di Cesena vecchia di 5 secoli, favorendo così Bologna. In quegli anni quindi alternarono ancora le dominazioni austriache a francesi fino al 1815: il 9 giugno, al Congresso di Vienna, le potenze europee decisero la restituzione alla Santa Sede dei suoi possedimenti. Il 18 luglio la Romagna fu riconsegnata allo Stato della Chiesa.
La città crebbe e vennero costruite diverse infrastutture come al Circonvallazione (1816-1822), i Giardini Pubblici (1844), il Teatro Bonci e l'annesso piazzale (1846). Viene quindi redatto l'ultimo censimento papale: il conteggio è di appena superiore a 13.000 abitanti (1853).
Entrati nel Risorgimento anche Cesena è divisa dai moti liberali così come tutta l'Italia. La popolazione aumentava e le case iniziarono a sorgere in maniera più diffusa fino a sfociare all'annessione all'Italia di Garibaldi (17 marzo 1861). In città però vi erano lotte interna tra liberali, socialisti e repubblicani. Viene però costruito negli ultimi anni del secolo il tunnel cittadino e per consentire un accesso diretto al centro storico l'attuale Via Cesare Battisti. Risale a quel tempo anche la nascita del Ponte Nuovo, posto poco più a nord del Ponte Vecchio (costruito in legno dai Romani e poi nel corso dei secoli crollato e ricostruito in pietra da Andrea e poi Novello Malatesta. I liberali governarono l'Amministrazione Comunale fino agli inizi del '900, susseguirono poi repubblicani con Ubaldo Comandini. Proprio in questo periodo si ricorda Renato Serra (gli fu poi intitolato l'Istituto Tecnico Commerciale cittadino), critico e scrittore letterario. Morì nel primo conflitto mondiale sul Carso nel 1915.
Dopo la Grande Guerra si verifica un nuovo sviluppo urbanistico: per la prima volta la città si estende oltre le storiche mura. Nascono nuovi insediamenti: Sant'Egidio, Villa Chiaviche, San Mauro in Valle, Martorano e Ponte Pietra. Nel centro storico risiedono circa 8.000 persone e 14.000 nelle zone limitrofe. Inizia ad espandersi il reparto ortofrutticolo e delle conserve: nasce nel 1920 il CIA (Consorzio Industrie Agrarie) per la lavorazione della frutta e ortaggi, rilevato poi dall'Arrigoni nel 1929 e sviluppato fino al 1936 con ben 1200 addetti ai lavori.
Nel giugno del 1924 in Comune si insediò il Partito Fascista. Tempo nemmeno di un anno che la Prefettura di Forlì, a causa della scarsa organizzazione della giunta comunale fascista, elegge a commissario il sottoprefetto di Cesena Silvetti per poi essere rimpiazzato da Busignani (rimarrà in carico fino al 1927). Quest'ultimo risanò le finanze, riorganizzò i diversi uffici ed eliminò i parassiti che vivevano a spese del Comune. Ritrovata solidità ed efficienza nella macchina statale, Cesena visse nei primi 30 anni del secolo sotto la lente dello sviluppo: nacquero industrie capaci di raccogliere le nuove colture introdotte (barbabietola da zucchero, tabacco, pomodoro) raggruppate in un polo nel centro della stazione ferroviaria (completata nel 1927). Inoltre in campagna ci furono aggiornamenti con la frutticoltura e la meccanizzazione di essa, favorendo espansione e nuovo lavoro per i cittadini. La popolazione crebbe dal 1921 a 50.875 abitanti, fino a 57.131 unità nel 1925. In quegli anni fu risolto il problema dell'acquedotto e anche sistemata l'urbanizzazione del centro storico con la demolizione e costruzione di diversi immobili. Finì quindi il lavoro straordinario del commissarrio Busignani con l'instaurazione del primo podestà fascista: Attilio Biagini.
Tramite un programma triennale fu potenziata la rete elettrica, stradale, la rete fognaria e telefonica, restaurato il teatro e il palazzo comunale, ampliato l'ippodromo e le relative strutture sportive. Erano anni di trasformazioni che non solo interessavano il centro cittadino ma anche la periferia. Cesena era considerata la città della Romagna in cui il Fascismo aveva realizzato un miracolo sotto ogni punto di vista. L'amministrazione però fu brevemente messa sotto accusa: favori e cariche ben pagate stridevano con chi ne rimaneva escluso, il saldo economico era nettamente in rosso a causa dei lavori che servivano per ascoltare la voce di grandiosità di Biagini piuttosto che risolvere i veri problemi cittadini. Il Prefetto rimosse Biagini e si susseguirono due amministratori provvisori fino ad arrivare alla nomina di Luigi Rossi nel maggio del 1929. Fu promossa la ricerca del pareggio di bilancio con l'aumento a livelli altissimi delle tasse, la macchina burocratica fu snellita da licenziamenti e le spese facoltative cancellate. Non bastò nulla di tutto ciò, complice anche la crisi di Wall Street ed altre scelte del Governo Italiano di Mussolini.
Nel 1932 quindi Rossi rassegnò le dimissioni per la nomina di Teodorani Fabbri. La situazione economica era gravissima e il Conte, non potendo sottoscrivere altri mutui, dovette chiedere aiuto al Governo. Giunti i finanziamenti si poterono completare alcune opere rimaste in sospeso: la circonvallazione, il mattatoio di Borello e finalmente nel 1934 venne chiuso il Cesuola, prima origine di scarsa igiene in città. Ridotta la disoccupazione riprese la macchina edilizia che portò a nuove migliorie per il decoro urbano e le condizioni di salute. Anche il reparto scolastico nel 1935 fu aggiornato con la restaurazione delle scuole di provincia, mentre l'istituto industriale e agrario furono potenziati. Il piano regolatore fu terminato nel 1936 (la popolazione aumentò sensibilmente fino a 61.314 unità grazie alle campagne di propaganda fasciste) ma mai applicato. Solo nel 1941 si ritornò a parlarne, già in piena Seconda Guerra Mondiale.
Intanto il 6 agosto del 1936 Mussolini fece una rapidissima visita a Cesena e l'allor podestà Bonicelli mise in luce il problema del quartiere San Domenico. Il Duce prese nota dei problemi sanitari, sociali (i ceti che vi abitano erano del sottoproletariato e a due passi dalla Chiesa sorgevano addirittura due case chiuse) ed urbanistici. Fu quindi spedito a Roma un piano per risolvere la situazione che da oltre 50 anni segnava in negativo la vita cittadina. Grazie ad un forte aiuto dello Stato la situazione si chiuse solo nel 1943 dopo ripetuti smantellamenti, fermi per crisi di fondi e anche l'arrivo della Guerra di mise del suo.
A causa delel fortissime pendenze negative di bilancio, Bonicelli fu sostituito dall'Ingegnere Arnaldo Cicognani. Nel 1939 e nel 1940 la situazione migliorò leggermente ma la frattura all'interno del partito fascista tra le diverse componenti non era mai stata saldata. Inoltre aumentava il dissenso popolare alle idee del Duce che fino a quel momento erano ai massimi livelli. Disoccupazione e finanze in rosso del Comune erano le principali cause della sfiducia del popolo che aveva portato alle prime crepe.
In parallelo il 21 aprile 1940 nasce la squadra cittadina di calcio: il Conte Alberto Rognoni insieme a Arnaldo Pantani e Renato Piraccini fondarono l'AC Cesena. Già prima del conflitto mondiale era presente in città la Renato Serra ma fu quindi sciolta per la chiamata alle armi. Il campo di gioco era l'allora Ippodromo della città adiacente al fiume Savio.
Un colpo pesante al morale dei cittadini fu dato il 6 giugno 1940 con l'ingresso dell'Italia in Guerra con le potenze Alleate. Il Governo Italiano emanò nuovi provvedimenti rigidissimi sui consumi e sugli sprechi, cercando di tutelare le operere nazionali a scapito delle importazioni che erano state ovviamente bloccate. La situazione economica era durissima e il Comune era in stand-by mentre piovavano le accuse della popolazione di immobilismo. Solo dal 1941 furono eletti commissari straordinari: Curli prima e nel 1942 toccò a Carlotti.
La popolazione colpita dai lutti e stremata dai razionamenti, con i bollettini di guerra che divenivano sempre più oscuri, sì scollò dal Fascismo e il 26 luglio del 1943 alla caduta del regime anche a Cesena ci furono i festeggiamenti. Stessa sorte toccò l'8 settembre con la firma dell'armistizio. A metà settembre però la situazione peggiorò con l'occupazione delle forze tedesche e l'instaruazione dei repubblicani. I due fantocci messi a dirigere il Comune erano utilizzati solo come facciata. Toccò a Ferrara nel novembre del 1943, Cellesi dall'aprile del 1944 e per finire nell'ottobre dello stesso anno fu al comando il capitano Mordenti.
Il passaggio del fronte fu davvero traumatico con intensi bombardamenti sulla stazione ferroviaria, il centro storico, il Ponte Vecchio, la zona Lugaresi e il quartiere di San Rocco (celebre la distruzione della vecchia chiesa, poi costruità al di là del Savio). Durante la Resistenza (8°, 28°, 36° Brigate Garibaldi e la 26° GAP) Cesena dette un grande contributo di uomini ed energie, e per tale motivo alla città di Cesena è stata assegnata la Medaglia d'argento al Valor Militare come infatti recita il comunicato del Ministero della Difesa (8 settembre 1973).
Il 19 ottobre 1944 l'8° Armata degli Alleati composta da britannici e neozelandesi entrò a Cesena e liberò la città dai pochi tedeschi rimasti con i loro corazzati. Gli anni a seguire della ricostruzione sono difficili e ricchi di sofferenze: basti pensare alla crisi nerissima dell'Arrigoni che dai 4500 posti di lavoro occupati rischia addirittura la chiusura (venne ceduta alla SC Parmasole nel 1985).
Superata la fase di stallo, Cesena si rialza ed assiste ad un enorme sviluppo urbano: prendono consistenza gli abitati di Case Finali, Sant'Egidio, Villa Chiaviche, Diegaro, Torre del Moro e tutto il quartiere Oltresavio in generale. L'attività edilizia raggiunge il suo apice nel decennio 1950-60. Il calcio torna prepotentemente in orbita grazie alla costruzione dello Stadio Dino Manuzzi (1957) nel quartiere Fiorita. Inoltre in quegli anni il settore ortofrutticolo si espande a tal punto da toccare il massimo livello con la nascita di Orogel (1967) e nel settore avicolo con Amadori (1969).
A conferma dell'importanza raggiunta da Cesena, nel 1992 la provincia cambia nome in Provincia di Forlì-Cesena, pur rimanendo Forlì capoluogo, e ancora oggi la città può vantare una posizione di primo piano in vari settori economici, una vita culturale sempre fervida ed una qualità della vita superiore alla media nazionale.
Nel novembre del 2013 ACES EUROPE in una cerimonia ufficiale, presso la Sede del Parlamento Europeo, elegge Cesena come Città Europea dello Sport 2014. Le motivazioni che hanno spinto verso tale scelta l'organo mondiale sono da ricercare in diversi fattori: “un ottimo esempio di sport per tutti, inteso come strumento di salute, integrazione, istruzione e rispetto, e di una politica sportiva esemplare, sostenuta da ottime infrastrutture”. La suddetta stagione coincide anche con la promozione in Serie A della squadra locale di calcio ma le tantissime attività sportive toccano molte altre discipline: rugby, atletica, nuoto, tennis, pallavolo. Tra le diverse associazioni del territorio si ritrovano moltissime attività anche non professionistiche che hanno determinato la conquista di questo esemplare risconoscimento.

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